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LA  STORIA

La lunga storia della Ditta Guenzati ha inizio durante il Ducato di Milano sotto il governo asburgico (1714-1796), quando nel 1768 Giuseppe Guenzati (1709-1781) nell'antica Contrada dei Fustagnari al fondaco n. 1677 (che scomparirà dalla topografia cittadina in seguito alla riprogettazione della piazza Cordusio alla fine dell'ottocento) fonda col proprio nome l'omonima ditta.

Originario dell'Alta Brianza e figlio primogenito di Michele Guenzati della Rovere (1686-1758) e Francesca Annona (1680-1760), Giuseppe appartiene ad un'aristocratica famiglia patriarcale erbese. Fin dall'infanzia la sua educazione è fortemente condizionata dall'austero ambiente famigliare profondamente religioso che lo circonda; un elemento, quest'ultimo, particolarmente distintivo del casato Guenzati, trovando la sua massima espressione nelle vocazioni di diversi membri della sua famiglia che, intraprendendo la via dei voti, consacrarono la propria vita al mondo ecclesiastico, come dimostrano il sacerdozio dello zio Bartolomeo, divenuto cappellano a S. Francesco di Villa, di sua sorella Maria Anna, monaca al convento di San Colombano, del suo futuro figlio Francesco, che diverrà il parroco di Sesto Ulteriano, nonché di suo nipote Giovanni Francesco, parroco di Servio.

Così la quotidiana e rigorosa osservanza dei precetti cattolici sotto l'egida guida di Messere Michele, figura paterna autoritaria ed irreprensibile in netta contrapposizione con quella materna mite e remissiva di Donna Francesca, non può che influenzare in tal senso la crescita di Giuseppe fin dalla sua tenera età, che dal canto suo, col trascorrere degli anni, svilupperà un carattere severo e risoluto nell'assoluto rispetto del dogma cristiano. Già in adolescenza dimostra doti non comuni per un ragazzo della sua età, e al di là dell'innata serietà con cui è solito affrontare le più disparate questioni, Giuseppe manifesta un'insolita passione per tutto quanto viene creato con il tessuto a cui affiancherà più tardi uno spiccato senso per gli affari. Raggiunta l'età adulta, cresce in lui, la ferma convinzione di entrare nel mondo del commercio, e determinato più che mai a rendersi economicamente indipendente dalla sua famiglia, decide, non prima di aver sposato una certa Paola Bosisio (17??-17??), appartenente ad una famiglia benestante dell'alta borghesia brianzola, di trasferirsi a Milano. Dopo aver trovato un accogliente appartamento in pieno centro storico nel sestiere di Porta Comasina, Giuseppe e coniuge si stabiliscono più precisamente nella contrada del Rovello al fondaco 2304, a due passi dal Cordusio e dalla Piazza Mercanti. Col passare degli anni la famiglia aumenta di numero; la moglie Paola dà alla luce 5 figli finendo col dedicarsi esclusivamente alla gestione della casa e della prole, mentre Giuseppe, da buon integerrimo padre di famiglia pensa al loro sostentamento.

Malgrado l'occupazione austriaca Milano a metà del '700 è una città in gran fermento e forte dei suoi 128.950 abitanti, come dimostra il censimento della popolazione del 1770, si presenta all'Europa, quale strategico crocevia di intensi scambi commerciali, dal quale transitano enormi volumi di mercanzie d'ogni genere dirette non solo nel resto d'Italia o verso l'Impero occupante, ma anche in qualsiasi angolo del continente europeo. Non a caso a quell'epoca il capoluogo meneghino è considerato uno dei centri serici più importanti di tutta Europa, visto che in Italia è viene prodotto ben il 75% della seta greggia europea, non è quindi un caso che Giuseppe, noto per la sua intraprendenza e determinato ad approfittare delle straordinarie opportunità offerte dalla piazza milanese, decida di dedicarsi completamente al commercio di sete e fustagni, che negli anni a venire faranno la fortuna della sua azienda e della sua famiglia.

L'occasione più favorevole per dare realizzazione al suo progetto non tarda a venire e pronto a cogliere il momento più opportuno da scaltro uomo d'affari qual è, non si fa certo sfuggire l'occasione. Viene a sapere che nella Contrada dei Fustagnari, non distante dalla sua abitazione in un palazzo nei pressi della Porta Cumana (detta anche dei Fustagnari o del Cordusio), che dà accesso alla Piazza Mercanti, si è liberato un negozio dall'interessante posizione. L'ultimo affittuario era venuto a mancare qualche tempo prima, ma non avendo eredi e nessun altro che fosse interessato a proseguire la sua attività, dopo esser stata svuotata, la bottega era rimasta sfitta. Recatosi sul posto Giuseppe riesce ad ottenere in breve tempo un incontro con la famiglia proprietaria dell'immobile per discutere la questione, e dopo aver fornito le dovute referenze e le adeguate garanzie a copertura economica, si assicura l'affitto del negozio. L'intero palazzo che ospita la sfitta bottega, risale alla seconda metà del Seicento ed appartiene ai discendenti di una storica famiglia nobile spagnola, i De Leyva, salita a gran fama due secoli prima grazie al Capitan d'Armi Don Antonio De Leyva, valoroso comandante delle armate imperiali al seguito di Carlo V, che nel 1535 era divenuto primo governatore di Milano per conto della corona di Spagna dopo la morte del Duca Francesco II Sforza. Va tra l'altro ricordato che anche Alessandro Manzoni tre secoli più tardi contribuirà con la stesura della sua più celebre opera de "I Promessi Sposi" a riportare alla ribalta quel cognome, in quanto direttamente collegato alla figura manzoniana di Suor Gertrude (nella realtà suor Virginia Maria Leva, ovvero la Signora di Monza), la quale nient'altro sarà che l'intrigante Monaca di Monza, personaggio complesso ed affascinante magistralmente descritto dal Manzoni nel suo romanzo storico. Il vero nome di suor Virginia Maria Leva prima della sua consacrazione alla vita monastica presso il convento di Santa Margheria di Monza, è infatti Marianna De Leyva (1575-1650), figlia di Don Martino, a sua volta figlio di Marianna De La Cueva e Luigi De Leyva, principi di Ascoli, e, quest'ultimo, primogenito del già citato condottiero Antonio De Leyva, governatore di Milano.

Dunque, dopo essersi accordato con i proprietari per un canone d'affitto "equo", Giuseppe investe una cospicua somma per allestire ed avviare la sua nuova bottega. La sua priorità principale è quella di costruire una base commerciale solida e duratura per la sua azienda, che gli permetta di organizzare al meglio la sua attività. Spronato dall'entusiasmo di poter mettere in pratica tutte le sue teoriche conoscenze sui tessuti acquisite per semplice passione, unitamente alla sua naturale abilità nella gestione degli affari, riesce in breve tempo a creare una rete di contatti che gli consente di avvicinare i migliori e più affidabili mercanti della piazza milanese e della provincia, assicurandosi in tal modo la fornitura di tessuti di seta e di cotone tra i più pregiati presenti sul mercato sia in termini di qualità che di varietà, come broccati, satin, rasi, taffettà, organzini, velluti e fustagni solo per citarne alcuni. E questa prerogativa inseguita da Giuseppe fin dall'inzio resterà immutata nel tempo fino a giungere ai giorni nostri; sarà come un "marchio di fabbrica" indelebile perseguito anche da tutti i successivi proprietari della storica bottega, permettendo alla Ditta Guenzati nei secoli di conquistare sulla piazza milanese una posizione di prim'ordine tra i tanti concorrenti e assicurando alla propria clientela sempre prodotti di altissimo livello di gran lunga superiore rispetto ai normali standard qualitativi offerti dal mercato.

Con queste promettenti premesse Giuseppe si accinge a dare ufficialmente inizio alla sua avventura nel mondo del commercio. Non si ha purtroppo certezza sul giorno esatto di apertura dell'attività, ma per tramandata tradizione di un lontano passato la si è voluta far coincidere con martedì 31 maggio 1768. Le vere ragioni di codesta scelta resteranno, quasi certamente, celate per sempre, ma se si volesse azzardare una plausibile ipotesi a riguardo, la ragione potrebbe ricercarsi nel semplice fatto che per dei devoti cattolici praticanti come i Guenzati e le loro generazioni a venire, il mese mariano poteva considerarsi di buon auspicio per l'inizio di un'attività sotto la protezione della Vergine Maria, visto che, tra l'altro, il 31 maggio corrisponde alla Pentecoste ed è il giorno in cui si celebra la visitazione della Beata Vergine Maria alla cugina Elisabetta per annunciarle che sarebbe diventata la madre di Gesù; ma al di là di queste mere considerazioni nulla di più si può ipotizzare sulla reale scelta del giorno in questione. Resta comunque fatto inconfutabile e, se vogliamo persino incredibile, che questa data ricorrerà più volte nei momenti topici della lunga storia della Ditta Guenzati!

Negli anni a seguire Giuseppe lavora alacremente per realizzare i suoi propositi costatando con molta soddisfazione il rafforzarsi della sua azienda; la sua clientela dimostra di ben apprezzare la qualità dei suoi prodotti e col crescere del suo giro d'affari aumentano costantemente anche i suoi ricavi. A questo suo iniziale successo concorrono sicuramente due fattori determinanti: da un lato la scelta vincente di aver puntato fin da subito sulla "modernità" e sull'alta qualità dei tessuti commercializzati, dall'altra la strategica posizione di cui gode la bottega in Contrada dei Fustagnari, confermando che la scelta di Giuseppe non poteva essere la più appropriata. A tal proposito possiamo solo immaginare le volte che i devoti Guenzati abbiano invocato l'aiuto divino nelle loro quotidiane preghiere al fine di propiziarsi il favore della Vergine Maria e della Santa Trinità perchè tutto andasse per il verso giusto, come possiamo solo supporre non avendone alcuna certezza, che quasi sicuramente l'intera famiglia in segno di devozione alla Madonna, sfidando il rigido e nevoso inverno milanese del 1774, il 30 dicembre possa essersi recata in Piazza Duomo per assistere all'evento del posizionamento sulla sommità della cattedrale milanese della statua dorata della Madonnina, che, ricordiamo, essere opera dello scultore Giuseppe Perego, mentre il modellamento e la battitura delle lastre di rame sul modello in legno vennero eseguiti dal mastro orafo Giuseppe Bini, utilizzando poi per la doratura 156 libretti, ciascuno di 2 fogli d’oro zecchino, su consiglio del pittore Anton Raphael Mengs. La realizzazione dell'armatura di sostegno in ferro creata dal fabbro resistette fino all'estate del 1967 quando ne fu deciso il restauro, che comportò l’intera scomposizione delle lastre di rame e la ridoratura a mordente, nonché la completa sostituzione dell’originaria struttura ferrea interna pericolosamente corrosa (oggi conservata nel Museo del Duomo), con un'armatura in acciaio inossidabile. Il più recente intervento di ridoratura della Madonnina è invece del 2012, eseguito contestualmente al restauro della Guglia Maggiore. Curiosità: nell’agosto del 1939, alla vigilia dell’ultimo Conflitto Mondiale, fu deciso di coprire la Madonnina, simbolo dell'anima e del cuore di Milano, con un spesso panno grigioverde per evitare di fornire ai cacciabombardieri un facile bersaglio. Il suo scoprimento avvenne sei anni dopo, esattamente il 6 maggio 1945 in seguito all'entrata in città delle forze alleate e la totale disfatta delle truppe tedesche occupanti con un rito solenne ad opera del Cardinale Schuster, allora Arcivescovo di Milano e la partecipazione dell'intera cittadinanza.

Al sopraggiungere della morte di Giuseppe nel 1781 spetta ad Agostino (1762-1832), il primogenito dei suoi cinque figli, ad assumere la conduzione dell'attività di famiglia per garantirne la continuità e l'indirizzo commerciale, non solo per la giovane età dei suoi quattro fratelli, ma soprattutto per le scelte di vita che condizioneranno inderogabilmente il loro futuro, anche se questo aspetto riguarda in particolare solo i due fratelli maschi. Infatti al di là dei nomi nulla di più si sa sul conto delle sue due sorelle: Maria Teresa (17??) muore molto probabilmente ancora in fasce, mentre le sorti di Anna Maria (1769-1829) restano completamente avvolte nel mistero. Ben più noti invece sono i destini dei suoi due fratelli: Michele (1767-1839), poco propenso alla vita di bottega diverrà un possidente a Villincino, un piccolo borgo fortificato medievale nei pressi di Erba, dove gestirà le proprietà di famiglia ereditate dal nonno, mentre Francesco (176?-1838) presi i voti ecclesiastici dedicherà la propria vita al sacerdozio servendo la parrocchia di Sesto Ulteriano.

Superate brillantemente le prime difficoltà legate alle sue nuove responsabilità, il giovane Agostino, che ha ereditato dal genitore non solo la conduzione della bottega, ma anche la passione per il mondo dei tessuti e un ottimo fiuto per gli affari, impara molto presto a destreggiarsi egregiamente tra clienti e fornitori. D'altronde

già da un paio d'anni aiutava il padre occupandosi del magazzino e delle consegne, anche se fin da giovanissimo, ammagliato dal suo mestiere, era solito frequentarne la bottega non perdendo occasione, finita la scuola o di ritorno dall'oratorio, per sgattaiolare al suo interno ed osservare quell'affascinante universo di adulti, nel quale il padre, con l'aiuto di altri due commessi, serviva raffinate signore tutte imbellettate ed eleganti uomini d'affari, mentre srotolavano sui lunghi banconi grosse pezze di stoffe di ogni genere ed armeggiavano lunghi metri di legno e grosse forbici da sartoria. Seppur molto intransigente Giuseppe aveva finito per accettare di buon grado quelle "incursioni"del figlio, perchè intuiva che dietro quel semplice interessamento adolescenziale, poteva celarsi qualcosa di ancor più importante per la futura continuità della sua azienda. Quindi cercava di "sopportare", anche se con una certa reticenza, le sempre più frequenti visite in bottega del suo primogenito, permettendone poco a poco una presenza sempre più prolungata, e cercando di soddisfare, nel limite del possibile della sua compostezza, la sua irrefrenabile curiosità, a tal punto che, raggiunta l'età di 12 anni, per meglio appagare la sua sete insaziabile di conoscenza gli aveva concesso l'opportunità di poterlo aiutare nel mese di dicembre a confezionare i pacchi dono contenenti scampoli di ogni genere, tagli imperfetti o fine pezza non idonei alla vendita e destinati a numerosi istituti religiosi, oratori, ospedali e opere pie che assistevano le famiglie meno abbienti della città. Perchè è vero che Giuseppe era una persona dal carattere molto severo ed inflessibile, ma da buon morigerato cattolico sapeva anche essere molto generoso. Per tal ragione gran fermento regnava nel retrobottega della Guenzati nei giorni che precedevano il Natale e l'atmosfera era ancor più elettrizzata dall'incredibile gioia ed entusiasmo che Agostino manifestava anche nel più piccolo gesto, provando un'infinità stima e gratitudine verso il padre per la concessione di quella ghiotta occasione di trascorrere del tempo preziosissimo tra gli scaffali stracolmi di stoffe che tanto lo affascinavano.

Ecco perchè la data del 14 ottobre 1781 è un giorno che Agostino non dimenticherà fino alla fine dei suoi giorni. La perdita del padre a soli diciannove anni si rivela un colpo durissimo; si ritrova inaspettatamente investito da un uragano emotivo di enorme portata. L'aver perso così presto il suo mentore, la figura di riferimento, colui che lo aveva introdotto in quel mondo affascinante, che ora si ritrova a dover gestire tutto da solo, lo angoscia infinitamente. Comprende benissimo che il futuro della bottega dipende esclusivamente da lui; sa di non poter contare sui suoi fratelli, perchè ancora troppo giovani, ma soprattutto per nulla interessati all'attività paterna e nemmeno sulla madre che ha sempre preferito occuparsi degli affari domestici di famiglia. Si rende altrettanto conto che i tre anni trascorsi sotto la guida del padre, seppur brevi, sono comunque stati di grande insegnamento, pertanto la perdita del genitore per quanto dolorosa possa essere e la situazione creatasi inseguito alla sua scomparsa non coglie proprio della tutto "impreparato" Agostino, che sa comunque di poter contare sulla competenza dei suoi fidati collaboratori, su ciò che il padre gli ha trasmesso, ma soprattutto sulle proprie perspicaci capacità. Perciò pur non godendo di una grandissima esperienza, il giovane commerciante dopo un iniziale momento di comprensivo smarrimento si convince di potercela fare e la storia gliene darà ragione.

Mettendo in pratica i segreti del mestiere insegnatigli dal padre assieme alle malizie e alle astuzie a lui carpite grazie al suo spiccato senso d'osservazione, in poco tempo Agostino riesce a consolidare l'attività di famiglia già ottimamente impostata dal padre, e ad accrescerne il profitto, grazie anche alla sua concezione più fresca e dinamica degli affari ispirata dalle nuove tendenze europee, attraverso forniture di tessuti di seta e di cotone (quest'ultimi più economici ma ugualmente accattivanti), dal gusto più attuale derivanti dalle più recenti produzioni provenienti in particolar modo da paesi d'oltralpe come la Francia, la bassa Germania e la lontana Inghilterra importate e distribuite da facoltosi ed abili mercanti italiani. Non va inoltre dimenticato che l'8 maggio 1781 un Dispaccio Governativo Imperiale approva il progetto per l'apertura di un nuovo Monte dei Pegni o Depositorio presso l'ex casa professa dei Gesuiti a S. Fedele, dove poter depositare le sete come pegno per ottenere sovvenzioni economiche a basso tasso di interesse; questo contribuisce a dare un ulteriore impulso al commercio dei Guenzati.

Una curiosità: forse non tutti sanno, che a due passi dalla Contrada dei Fustagnari e dalla bottega dei Guenzati nel crocicchio del Cordusio, ancor prima che fosse eretto il monumento dedicato a Giuseppe Parini, era presente la statua di San Carlo Borromeo (patrono della Lombardia e di Monterey in California, considerato protettore dei frutteti di mele ed invocato contro le ulcere e le malattie dello stomaco), fatta erigere nel 1624 dalla confraternita “Societas curiae ducis” ovvero del Sodalizio della Croce del Cordusio, in sostituzione della preesistente colonna votiva (la prima di Milano) sormontata da una croce, detta anche croce stazionale, voluta dal cardinale Carlo Borromeo ed inaugurata nel maggio 1577 durante la pestilenza che colpì Milano nel periodo 1576-77. La statua bronzea era stata disegnata dallo scultore Dionigi Bussola; le mani e la testa fuse da Ambrogio Grosso, gli abiti tirati in piastra di rame opera di Alberto Guerra, mentre l’iscrizione sul basamento era stata dettata dall’abate Marcelli da Brescia. Nel 1786 venne rimossa col pretesto di creare problemi d'intralcio al traffico; pare infatti che il governatore austriaco andò a sbattervi contro con la sua carrozza, ordinando, pertanto, alla famiglia Borromeo di rimuoverla entro pochi giorni. La statua fu allora, trasportata da Gilberto Borromeo nella piazza dedicata al Santo nei pressi della Chiesa di Santa Maria Podone, dove tutt'oggi è possibile ammirarla.

La fine del XXVIII e l'inizio del XIX vedono Milano protagonista di un susseguirsi di vicende politico-militare che porteranno all'instaurazione in città di contrapposte forze militari di occupazione. Difatti in seguito alla sconfitta delle truppe austriache avvenuta a Lodi il 10 maggio 1796 da parte dell'esercito francese comandato dal generale Napoleone Bonaparte durante la prima Campagna d'Italia (1796-1797), il Ducato di Milano viene finalmente liberato dagli Austriaci e militarmente occupato dalle truppe francesi, trasformandolo nella nuova Repubblica Cisalpina. Il 16 maggio 1796 alla testa dell'Armata d'Italia Napoleone fa il suo trionfale ingresso a Milano acclamato dal popolo milanese mettendo fine alla tirannia austriaca durata per più di ottant'anni, anche se tre anni dopo gli austriaci riconquisteranno la città per rimanerci un anno, finchè il 2 giugno 1800 Napoleone li scaccerà definitivamente instaurando nuovamente la Repubblica Cisalpina.

In questo clima d'incertezza nel quale le forze militari straniere si contendono liberamente la supremazia sul territorio lombardo teatro di numerosi e repentini riassetti governativi, le frenetiche attività cittadine sembrano fortunatamente non risentirne troppo e Milano continua a mantenere il suo spirito dinamico e produttivo che da sempre la contraddistingue. Il commercio dei Guenzati resiste, anch'esso sembra non soffrire particolarmente di questa alternanza politico-militare; d'altronde l'occupazione delle soldatesche francesi infonde a Milano una nuova primavera sullo slancio dei nuovi principi di libertà, di autodeterminazione dei popoli e di uguaglianza, che hanno ispirato la Rivoluzione francese e che Napoleone con le sue vittorie in Europa tenta di infondere a tutti i territori conquistati. Tra il 1797 e il 1814 Milano viene proclamata dapprima capitale della Repubblica Transpadana (1796-1797), poi della Repubblica Cisalpina (1797-1799 / 1800-1802), in seguito della Repubblica Italiana Napoleonica (1802-1805) ed infine del Regno d'Italia Napoleonico (1805-1814), acquisendo quell'importanza economica e sociale di stampo moderno che la renderà il nucleo del futuro movimento Risorgimentale. In questi diciassette anni la città sembra rinascere conoscendo un florido periodo di pace e di frenesia collettiva, che coinvolge la società milanese in tutti i campi: dalla cultura all'arte, dall'architettura al commercio. Napoleone innamorato della città commissiona importanti opere a partire dall'imponente Foro Buonaparte, che resterà però incompiuto perchè ritenuto troppo costoso, l'Arena Civica, a cui si aggiungerà l'Arco della Pace (anche se verrà ultimato da Francesco I d'Austria durante la seconda dominazione austriaca), ma soprattutto il completamento della facciata del Duomo, ordinata dal reggente il giorno stesso della sua auto-incoronazione a Imperatore e Re d'Italia il 26 maggio 1805 ponendosi la corona ferrea sopra quella imperiale e pronunciando le famose parole: "Dio me l'ha data, guai a chi la tocca".

Qualche anno dopo la scomparsa del padre, Agostino sposa Clara Consonni (17??-17??), originaria della provincia di Milano, la giovane moglie dà alla luce due figli maschi, al primogenito viene dato il nome di Giuseppe (1805-1870), lo stesso nome del nonno fondatore e non sarebbe potuto essere altrimenti vista l'ammirazione che Agostino ha sempre dimostrato nei confronti del suo austero genitore, mentre al secondo genito spettano i nomi di Francesco e Giovanni (1810-18??), il primo dei quali molto ricorrente in famiglia, visto che era già stato attribuito allo zio, al prozio e al trisnonno, considerato il capostipite di questo ramo della casata Guenzati. Giuseppe nasce nello stesso anno dell'incoronazione di Napoleone in una Milano prospera, gli affari di famiglia son più che soddisfacenti e la bottega paterna dopo quasi quarant'anni di attività è rappresenta un importante punto di riferimento in città per l'acquisto di stoffe pregiate destinate al confezionamento di raffinate mise da signora e di eleganti abiti da gentiluomo; tuttavia pur vantando un'affermata esperienza nel campo dei tessuti ricercati ed annoverando tra la propria clientela le famiglie più illustri e benestanti della città, agli inizi dell'800 la Guenzati risulta ancora essere una bottega di modeste dimensioni con un discreto giro d'affari. In questo scenario storico l'infanzia dei due fratelli trascorre placidamente tra le tranquille mura domestiche sotto l'egida guida dei genitori e la rigorosa osservanza dei precetti cattolici nel rigoroso rispetto dei cristiani principi della carità, della giustizia e del rispetto imprescindibili nell'educazione dei Guenzati. I due ragazzi crescono frequentando regolarmente l'Oratorio di San Luigi nella non lontana Parrocchia di San Sempliciano, dove apprendono i fondamentali aspetti del cristianesimo che in età adolescenziale plasmeranno la vocazione di Francesco Giovanni, che, come già lo zio, prenderà i voti dedicando la sua vita al servizio della chiesa come parroco presso la comunità religiosa di Servio. Giuseppe invece, seguendo le orme paterne, coltiverà giorno dopo giorno il fascino e la curiosità per il mondo dei tessuti divenendo a tempo debito il naturale erede diretto alla gestione degli affari della famiglia.

E' del 20 aprile 1814 la congiura scatenata dall'elite della nobiltà milanese contro i governanti francesi, che pone fine al Regno d'Italia Napoleonico e con esso alla supremazia politico-militare francese nei territori del nord; in seguito, col Trattato di Vienna nell'aprile del 1815 viene ridefinito il nuovo assetto geo-politico italiano con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto, formalmente indipendente, ma di fatto soggetto all'impero austriaco. Il secondo periodo austriaco è, purtroppo, turbolento e caratterizzato da una continua tensione sociale dovuta ai fermenti patriottici, che si diffondono in tutta Italia, e n particolare a Milano, il cui obiettivo finale è quello di unificare l'intera penisola liberandola definitivamente dallo straniero. Al fine di rilanciare la propria attività che in quegli anni oscuri subisce una battuta d'arresto a causa del nuovo clima di oppressione instaurato dal dispotico governo austriaco, Agostino decide di investire una cospicua parte dei suoi risparmi per dare un aspetto nuovo e più accattivante alla propria bottega nell'ovvio intento di riuscire ad attirare un maggior numero di clienti. Dopo aver preso in considerazione varie possibilità opta per uno stile più funzionale e alla "moda" decidendo di sostituire i vecchi tavoli e gli ormai instanbili banconi di legno di poco valore con un arredamento decisamente più raffinato e di qualità affidandosi a quel nuovo gusto importato d'oltralpe che incomincia a diffondersi tra l'agiata borghesia milanese. La sconfitta di Napoleone aveva di fatto messo fine ad un lungo periodo di instabilità politica e di guerre, e le nuovi classi borghesi emergenti desiderose di un ritorno ad una vita più serena e "semplice" stimolano la produzione mobiliera, oramai avviatasi verso un processo di "modernizzazione", a ben interpretare questa nuova esigenza delle classi agiate europee. La scelta di Agostino ricade così sul sobrio, ma elegante Stile Biedermeier (così criticamente chiamato per la sua semplicità nelle linee dal nome di un personaggio sempliciotto di una commedia di Ludwig Eichrodt); i tavoloni, i banconi e le scrivanie, tutt'oggi ancora in uso presso la storica bottega di Via Agnello a Milano, sono caratterizzati da semplici forme geometriche a rettangolo la cui decorazione è affidata al solo disegno naturale del legno in pregiato noce nazionale. Mentre il nuovo arredamento conferisce alla bottega un aspetto più fresco ed accogliente contribuendo a dare nuovo impulso agli affari dei Guenzati, il fascino di Giuseppe per l'attività del padre inizia a trasformarsi in una vera e propria passione, che lo spinge, non solo, a frequentare la bottega paterna sempre più assiduamente, ma soprattutto ad appronfondire le proprie conoscenze sulle varie tipologie e i molteplici impieghi dei diversi tessuti, che gli permetteranno in futuro di ottenere un rilevante prestigio e notorietà tra gli "addetti ai lavori" del settore, ma non solo. Intanto Agostino, da attento commerciante qual è e stimolato dal buon andamento degli affari, non si fa certo sfuggire le ultime novità della produzione tessile presenti sul mercato e così la sua è tra le prime botteghe milanesi a commercializzare tessuti di seta realizzati coi nuovi telai jacquard introdotti a Milano a partire dal 1824 e lo stesso dicasi quattro anni più tardi per i nuovi tessuti impermeabilizzati importati dalla vicina Francia. Con la morte di Agostino, sopraggiunta il 4 ottobre 1832, la conduzione della Ditta Guenzati passa interamente nelle mani di Giuseppe che già da anni lavorava a fianco del padre nella gestione della bottega in Contrada dei Fustagnari, dal momento che il fratello Francesco da qualche anno ha invece intrapreso la via del sacerdozio.

Dopo il matrimonio con Rosa Casati (1821-1911), una dinamica donna timorata di Dio appartenente ad uno stimato casato milanese, Giuseppe lascia la casa paterna e si trasferisce in contrada Cusani al civico 2287, da dove in pochi minuti può sempre raggiungere agevolmente a piedi, il suo fondaco che si trova all’interno del sestiere ove abita, alla fine del vicolo Fustagnari, a pochi metri dall’ingresso sul lato settentrionale della piazza dei Mercanti.

E' durante la sua gestione, che finalmente si realizza quel decisivo salto di qualità che procura alla famiglia quel definitivo consolidamento economico tanto inseguito consentendo ai Guenzati di conquistare finalmente una posizione di prim'ordine nel commercio delle stoffe di pregio sulla piazza milanese. L'anelato successo giunge, non solo per le naturali doti imprenditoriali del Guenzati nel settore tessile, ma anche e soprattutto per la fama acquisita da Giuseppe negli anni quaranta del XIX secolo grazie alle sue apprezzate qualità d'intermediario nelle operazioni di compravendita della seta. In quell'epoca il giovane Guenzati affianca alla sua professione di commerciante di tessuti quella di “sensale” di seta, ovvero di mediatore tra i compratori e i venditori di sete, la cui attività consiste nel fare in modo che le parti abbiano i mezzi necessari per fare affari rappresentandole, se necessario, nella firma dei contratti. Giuseppe infatti eserciterà questo ruolo per ben ventott'anni, ricoprendo anche la carica di sindaco dei sensali della città presso la Borsa del Commercio di Milano con sede nel Palazzo dei Giuriconsulti in Piazza Mercanti; n'è la riprova il fatto che il suo nome figura non solo nella lista dei 24 sensali di seta operanti in città elencati nella Guida di Milano per l’anno 1844, ma anche nell'Archivio Storico della Camera di Commercio e in numerose pubblicazioni antiche reperibili sul web.

Ma oltre ad essere un ottimo mercante, Giuseppe è anche un dinamico intellettuale, che riscuote una certa fama nella Milano asburgica. Nel “Giornale dell’Imperial Regio Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti e Biblioteca Italiana dell’anno 1847”, tra i testi di cui si raccomanda la lettura, due sono scritti da Giuseppe. Il primo, pubblicato nel 1846, si intitolava Manuale del cultore della seta, dedicato alla coltivazione dei gelsi e all’allevamento dei bachi da seta, a cui seguiva uno studio comparativo sui vari tessuti di seta presenti sulla piazza meneghina, di cui si analizzava nel dettaglio la qualità; il secondo, invece, verteva sulla coltivazione delle patate (Il cultore dei pomi da terra, Milano, Valentini 1847). Con la loro pubblicazione Giuseppe riscuote una tale popolarità da assicurarsi il favore non solo delle autorità asburgiche di Milano e di tutto il Regno Lombardo-Veneto, ma anche dei governi di alcuni Stati italiani, come il Regno di Napoli e il Regno di Sardegna. ( citazioni di G. Coltorti ).

Sfruttando la notorietà così acquisita i Guenzati decidono di estendere il loro commercio di tessuti al di fuori della Lombardia affiancando così la vendita al dettaglio effettuata in negozio, quella all'ingrosso realizzata attraverso una rete di agenti attivi in diversi Stati d'Italia. Tutto ciò contribuisce ad incrementare significativamente il patrimonio della famiglia Guenzati, le cui cospicue disponibilità finanziarie permettono in quegli anni l'acquisizione della contigua bottega di tessuti dei Rogorini e della loro relativa abitazione, ma soprattutto l'acquisto dell'intero palazzo di Via Fustagnari angolo Via Mercanti, appartenente ad una aristocratica famiglia spagnola di nome Di Leila, nel cui stabile i Guenzati esercitano ormai da oltre settant'anni la propria attività di commercianti di stoffe.

 

In questo periodo di particolare prosperità economica Giuseppe fa la conoscenza di un illustre e alquanto carismatico personaggio: Don Giovanni Bosco.

La profonda amicizia con l'operoso sacerdote è ampiamente documentata dalle “Memorie Biografiche” di Mons. Arturo Murari e dal suo libro “Don Bosco è venuto a Milano”. Fervente cattolico praticante Giuseppe e la sua famiglia frequentano regolarmente la vicina Parrocchia di San Sempliciano e conoscono molto bene Don Serafino Allievi, che a quel tempo è responsabile dell'annesso Oratorio di San Luigi situato nell'allora Via Santa Cristina fondato per accogliere gli sbandati della città. E proprio presso quell'oratorio, dove il Santo trova ospitalità durante il suo primo viaggio a Milano del 1850, che Giuseppe incontra Don Bosco, un fugace iniziale incontro che darà inizio ad un fitto scambio epistolare e ad una profonda amicizia destinati a durare fino alla morte di Giuseppe.

 

Due sono gli episodi salienti che restano negli annali della Guenzati a testimonianza della stretta relazione tra i due: il primo riguarda la volta che nel 1865, durante il suo secondo viaggio a Milano, Don Bosco trovò ospitalità presso Casa Guenzati, dove ottenne dal Signore un miracolo in favore di Marietta Pedraglio, parente stretta di Carlo che a quel tempo era alle dipendenze dei Guenzati come commesso; la giovinetta affetta da un male incurabile, in quell'occasione aveva ottenuto la completa guarigione grazie all'intercessione di Don Bosco. 44 anni più tardi sarà Carolina Guenzati Rivolta, figlia di Giuseppe e Rosa Casati, a testimoniare il miracoloso episodio avvenuto nella casa paterna di Via Fustagnari 1 durante il Processo di Canonizzazione per la santificazione di Don Bosco avviato nel 1909, che si concluderà con la sua beatificazione nel 1929 e la seguente proclamazione a Santo nel 1934.

Il secondo, invece, è del 1866, l'anno in cui Don Bosco passa per la terza volta da Milano per recarsi a Monza, ma dovendo proseguire il viaggio non esce neppure dalla stazione. Non volendo però rinunciare a salutare i suoi cari amici milanesi, a cui aveva promesso di far visita, fece avvertire i Guenzati di andarlo a trovare in stazione. Qui, discorrendo con loro, Don Bosco disse le testuali parole: ”Quest'anno Signor Giuseppe faccia grande provvista di stoffe, perché troverà modo di rivenderla convenientemente”. Partito Don Bosco i coniugi Guenzati seguirono il suo consiglio e nei mesi successivi tutto si avverò come il Santo aveva predetto. In seguito i coniugi dichiareranno che se avessero dato maggior credito alle parole del Santo acquistando quantitativi superiori di tessuti avrebbero riscosso maggiori introiti.

 

Nel frattempo il declino della seta lombarda nella seconda metà dell’Ottocento costringe molti commercianti di stoffe ad estendere la loro attività anche ad altre tipologie di merce, ed i Guenzati esperti conoscitori del mercato non si fanno certo trovare impreparati. Di fatti, nella Guida generale di Milano pubblicata dall’editore Ticozzi nel 1873-74, la ditta Guenzati compare ancora tra i principali operatori del settore nella città ambrosiana, ma viene descritta come azienda operante in “telerie, cotoni e lanerie”, scomparendo definitivamente il riferimento alla seta.

 

Con la morte di Giuseppe, sopraggiunta il 10 maggio del 1870, la moglie Rosa Casati assume la totale direzione dell'azienda, dando inizio a quelli che saranno gli ultimi sei anni della gestione Guenzati della bottega di Via Fustagnari. I suoi due figli, Agostino e Carolina, infatti, non essendosi mai interessati all'attività commerciale della propria famiglia, se non in maniera del tutto occasionale, lasciano alla sola madre la conduzione della stessa, fino a quando, il 31 agosto 1876, determinata a ritirarsi definitivamente dagli affari, Rosa Casati Guenzati decide di cedere a titolo completamente gratuito l'intera attività ai suoi due più meritevoli dipendenti con la solenne promessa di doverne mantenere la medesima denominazione commerciale. Così dopo poco più di un secolo la famiglia fondatrice, che aveva sempre tramandato, per tradizione, l'azienda di padre in figlio, esce di scena, passando il testimone ai suoi due più fidati collaboratori Giovanni Battista Tomegno e Luigi Meda.

La Ditta Guenzati che nel corso di un secolo è sopravvissuta alle dominazioni asburgica (1714-1796) e napoleonica (1797-1815), e successivamente all'egemonia del governo austriaco durante il Regno Lombardo-Veneto (1815-1859), (periodo caratterizzato dalle due guerre d'Indipendenza del 1848-49 e del 1859), ora si trova a fronteggiare un periodo di forti trasformazioni sociali dovute al radicale cambiamento della situazione politica, economica e culturale in atto in tutto il paese a seguito dell'Unità d'Italia (1861). Milano in particolare, sta subendo una profonda modernizzazione grazie alla nascita di grandi fabbriche e industrie che, più avanti, diventeranno fondamentali per lo sviluppo economico e sociale dell'intero paese.

In questo contesto storico i soci Tomegno e Meda si trovano ad affrontare un'impegnativa duplice sfida: da una parte quella di mantenere la prestigiosa posizione di prim'ordine nel mercato dei tessuti ereditata dai precedenti proprietari; e dall'altra quella di ampliare l'offerta dei prodotti trattati al fine di restare al passo coi tempi.

Malgrado ciò comporti una rischiosa esposizione finanziaria, l'operazione si rivela subito vincente e l'ottimo ritorno in termini di profitto ne è l'evidente riprova, anche quando verso la fine del secolo l'intero comparto tessile subisce una brusca battuta d'arresto a causa del malcontento sociale che va crescendo tra i ceti meno abbienti per via delle dure condizioni di vita che i cittadini milanesi sono costretti a sopportare. La Protesta dello Stomaco, come viene chiamata dalle cronache dell'epoca, cresce a tal punto da sfociare in una violenta sollevazione popolare dando origine ai Moti di Milano del 1898, che verranno repressi nel sangue dall'intervento armato dell'Esercito Regio causando per le vie principali di Milano oltre 300 vittime.

Questi eventi sono, purtroppo, il preludio a quella profonda crisi economica che colpirà il nostro paese a partire dal 1913 e che accompagnerà l'Italia verso la I Guerra Mondiale (1915-1918). Ed è proprio in questo anno funesto, che Meda, a seguito di gravi problemi di salute, è costretto a ritirarsi dagli affari lasciando la completa gestione del negozio al solo Tomegno che, liquidato il socio, ne assume la completa direzione. Fino a quel momento Giovanni Battista si è ottimamente distinto nell'abile conduzione degli affari, assicurando alla ditta discreti margini di guadagno e con parte dei profitti così ricavati era riuscito far studiare due dei suoi tre figli, Domenico e Luigi: il primo divenuto dottore commercialista, il secondo avvocato; il terzo figlio, Giuseppe, invece, avviato alla professione del commercio, aveva affiancato il padre nei viaggi d’affari.

Ben presto la passione per i tessuti spinge i tre fratelli ad unire le forze, e grazie alle loro spiccate capacità individuali forniscono un prezioso contributo al successo dell'azienda paterna di Via dei Mercanti, che tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento assurse a grande notorietà. Tra i clienti più illustri della Guenzati meritano di essere ricordati nomi come Galtrucco, Loro Piana, Meda, Rivolta, Crespi; come pure famiglie dell’alta borghesia meneghina quali i Borlettiu, i Cantoni, i Ponti, i Basetti, i Mondadori, i Pirelli; e nobili esponenti della aristocrazia milanese come i Dal Verme, i Castelbarco, i Dugnani, i Porro, i Melzi, i Lampugnani e i Visconti di Modrone, per nominarne solo alcuni.

 

Tuttavia gli anni che fanno seguito al primo conflitto mondiale sono tutt'altro che floridi, in quanto caratterizzati da una crescente crisi economica, a cui fanno eco una disoccupazione ed un'inflazione in continuo aumento, e conflitti sociali sempre più aspri. In questo tormentato clima socio-economico il 21 marzo del 1925 muore Giobatta e i figli Giuseppe, Domenico e Luigi restano soli alla guida della Guenzati.

 

La crisi mondiale del '29, il difficile ventennio fascista e la rovinosa II Guerra Mondiale hanno lasciato segni indelebili in tutto il paese; il dopoguerra richiede enormi sforzi da parte di tutti per ripartire, eppure in questo drammatico scenario i fratelli Tomegno non si scoraggiano, da ottimi commercianti sono più che mai determinati a mantenere alto il prestigio della loro azienda sulla piazza milanese. E così forti della loro rodata esperienza nel campo dei tessuti e della loro abilità nella ricerca meticolosa delle stoffe di alta qualità, i tre fratelli conferiscono un nuovo slancio al loro commercio di tessuti, grazie anche ad una rinnovata ed efficiente rete di rappresentanti attivi su tutto il territorio nazionale, che in breve tempo procurerà alla Guenzati l'attribuzione di fornitrice ufficiale di molti istituti religiosi ed ospedalieri, nonché di numerose associazioni teatrali e di diverse fabbriche automobilistiche.

 

Tuttavia alla fine degli anni sessanta il fiorente commercio della pregiata ditta appare spento e in declino; la morte di Giuseppe avvenuta il 26 giugno del 1959 sembra svigorire l'attività familiare e, inconsapevolmente, accompagnarla verso l'ultimo atto dell'era Tomegno in Ditta Guenzati. Di fatto Domenico e Luigi da quel momento si limitano a gestire “stancamente” gli affari più importanti di famiglia, rimettendo al loro fidato personale il rapporto diretto con la clientela e preparando così il campo a ciò che nel 1968 originerà il secondo passaggio di mano tra proprietari e dipendenti, com'era già accaduto 92 anni prima. Ormai appagati da tanti anni di successi e dai cospicui profitti così ottenuti, i fratelli Tomegno, anziani e senza eredi, decidono di cedere la loro bicentenaria azienda ai commessi più giovani Vittorio Ragno e Angelo Moretti, che il 5 giugno 1968 diventano ufficialmente i nuovi titolari, dando continuità a quell'insolita tradizione, che da sempre caratterizza la Ditta Guenzati: quella di affidare l’attività ai dipendenti più meritevoli, visto che l'azienda nel corso dei suoi 249 anni di vita non è mai stata venduta, ma solo ceduta gratuitamente ai commessi più meritevoli con la solenne promessa di non cambiarne il nome!

 

Angelo è già alle dipendenze dei Tomegno come fattorino, quando nel 1956 Ragno viene assunto in Ditta Guenzati in qualità di aiuto-commesso. Vittorio è un giovane di 19 anni tutt’altro che inesperto; cinque anni prima aveva imparato il mestiere lavorando come commesso presso la Tessuti Carlo Alberto, dimostrando ottime qualità nel settore delle vendite al dettaglio. Tuttavia il tirocinio alla Guenzati risulta essere tutt'altro che facile. I Tomegno si dimostrano da subito titolari inflessibili nel servizio alla clientela, e in un’intervista rilasciata a Giuseppe Paletta, pubblicata alcuni anni fa dal Centro per la Cultura d’Impresa, Ragno ricorda il duro lavoro cui dovette far fronte in un ambiente in cui i colleghi ‘più anziani’, gelosi della competenze acquisite, erano tutt’altro che disposti ad aiutare i nuovi arrivati ed insegnargli i “trucchi” del mestiere. Tuttavia l’impegno, l’umiltà e la dedizione costante al lavoro sono qualità che finiscono per premiare l’impegno di Vittorio e di Angelo, consentendo loro di emergere in una ditta composta alla metà del Novecento di ben nove persone tra titolari, commessi e fattorini.

 

I due giovani titolari si rendono immediatamente conto che il commercio dei tessuti così com'era concepito dai Tomegno risulta oramai troppo statico ed obsoleto, destinato sicuramente a soccombere, se non rivoluzionato da un rinnovato modo di fare impresa. Non senza timori Vittorio e Angelo accettano l'ardua sfida di riportare la Guenzati ai fasti di un tempo per tornare ad essere competitivi in un mercato in forte espansione e restituire all'azienda quel ruolo di prim'ordine che nel passato aveva reso grande la loro ditta. Il primo passo è quello di abbandonare definitivamente il commercio all'ingrosso di tessuti e telerie divenuto oramai troppo dispersivo e ben poco rimunerativo, concentrando tutte le energie disponibili nel commercio al dettaglio. Questa prima fase di rinnovamento viene decisa sulla base di un'attenta osservazione delle nuove correnti della moda che stanno investendo il nostro paese dedicando particolare attenzione alle nuove esigenze e ai nuovi gusti dell'affezionata clientela. All'inizio degli anni sessanta dal Regno Unito spirano forti venti di cambiamento che in breve tempo influenzeranno profondamente il modo e il gusto di vestire degli italiani, e così sfruttando lo slancio derivante dal boom economico e dall'apprezzamento del british style nei salotti della Milano bene, i due giovani soci appaiono più che mai risoluti a cavalcarne l'onda innovativa. Una serie di fortunate concomitanze spingono Vittorio e Angelo a rivoluzionare l'offerta dei loro prodotti rivolgendo particolare attenzione ed investimenti al consolidato mercato britannico forte della sua secolare tradizione tessile. Così a duecento anni dalla sua fondazione, accanto alle tradizionali stoffe d'abito per uomo e donna, tra gli scaffali compaiono in quantità consistenti tweed scozzesi e donegal irlandesi, tartan e pettinati doppio ritorti, cheviot e sportex, tutti tessuti tipici della produzione tessile d'oltremanica, e per la prima volta vengono introdotti in negozio tutti quegli accessori per l'abbigliamento di marcato stampo anglosassone che caratterizzano a tutt'oggi il rinomato stile Guenzati. E' un momento epocale per l'antica bottega di tessuti di via Mercanti che nell'arco di pochi anni si trasforma in un luogo unico nel suo genere ed un punto di riferimento esclusivo non solo per l'affezionata clientela, ma anche per i moltissimi turisti che ogni anno vengono a visitare la città meneghina da ogni parte del mondo.

 

Il sodalizio Ragno-Moretti dura poco più di 40 anni; durante questo lasso di tempo si concretizza quella graduale ma indispensabile trasformazione che porta ad una sostanziale diminuzione delle tipologie di tessuti commercializzati (tartan, tweed e pettinati d'abito a parte) e nel contempo ad un significativo incremento degli accessori, soprattutto nel settore della maglieria e della cappelleria con un occhio di riguardo alle produzioni artigianali provenienti soprattutto dal Regno Unito e dall'Irlanda, ma anche dall'Italia e dalla Germania.

 

All'inizio del nuovo millennio col fine di premiare quelle realtà commerciali che hanno dimostrato di rimanere al passo coi tempi per oltre 50 anni, viene istituito l'albo delle Botteghe Storiche che avrebbe come finalità la tutela e la valorizzazione di tutti quei negozi storici che rappresentano la vera identità commerciale della metropoli ambrosiana a dispetto dei soliti marchi tanto blasonati che imperano sul mercato. Ovviamente la Ditta Guenzati forte dei suoi oltre due secoli di attività viene iscritta di diritto nel prestigioso albo e tra il 2002 ed il 2006 insignita più volte dell'autorevole riconoscimento sia da parte della Regione Lombardia e del Comune di Milano, che da parte della Camera di Commercio e dell'Associazione di Categoria.

 

Alla fine del 2009, dopo oltre 50 anni di attività, Angelo Moretti, ormai convinto che sia giunto il momento propizio per ritirarsi dagli affari, decide di lasciare la Guenzati. La sua uscita si concretizza definitivamente il 10 febbraio 2010, giorno in cui Luigi, figlio di Vittorio, rileva la totalità delle sue quote societarie ed affianca il padre nella conduzione della bicentenaria azienda.

 

Ufficialmente Luigi entra a far parte del team Guenzati nell'aprile del 1984 dopo aver terminato il servizio militare nell'Arma dell'Aeronautica; in realtà aveva già svolto un breve periodo di prova presso l'azienda paterna tra il 1982 e il 1983 dopo il conseguimento del diploma di ragioneria presso l'Istituto Tecnico Gino Zappa di Milano in attesa di rispondere alla chiamata per il servizio di leva. I primi anni di tirocinio sotto la rigida guida del padre Vittorio sono tutt'altro che facili: la totale inesperienza in materia di vendita, l'ambiente molto formale e l'austera disciplina, antica eredità della scuola Tomegno, poco si addicono allo spirito anticonformista del giovane Ragno, che tuttavia, fa suoi nell'arco di pochi anni. I preziosi insegnamenti di papà Vittorio, impareggiabile esperto nel campo dei tessuti, e del socio Angelo danno presto i loro frutti. Fin dal suo inserimento in azienda Luigi prende parte a numerosi incontri con fornitori, agenti e grossisti che per lui si traducono in una fonte inesauribile di sapere ed esperienza del mondo delle stoffe e degli accessori di alto pregio. Durante i pigri mesi estivi di giugno e luglio Gigi viene “spedito” in Inghilterra a lavorare presso il negozio di W. Bill a Londra, diretto da un caro amico di famiglia, Mr. Robert Buckles, allo scopo di apprendere l'arte della vendita in versione british perfezionando nel contempo l'apprendimento della lingua inglese. Col trascorrere delle stagioni si ritrova sempre più spesso ad affiancare i due titolari nella visione di campionari e collezioni partecipando attivamente alla scelta di nuovi prodotti da inserire in azienda, dimostrando un'accorta propensione agli acquisti che gradualmente gli permetterà di occuparsi personalmente dell'intero comparto. Immerso in tali esperienze Luigi non può che coltivare un crescente interesse per l'affascinante mondo anglosassone, sviluppando in particolare una vera e propria passione per la sfera celtico/scozzese e per tutto ciò che si richiama al tartan. Con l'avvento di internet la sua ricerca approfondita di specifici prodotti provenienti da oltremanica si fa più agevole, contribuendo ulteriormente a meglio specializzare lo stile della storica bottega meneghina di Via Mercanti. L'attività attuale della Ditta Guenzati è dunque lo straordinario risultato di un lungo processo di rinnovamento durato quasi cinquant'anni col preciso intento di restare continuamente al passo coi tempi moderni in costante evoluzione.

 

Così oggi il negozio più antico di Milano, che ha dovuto la sua fortuna e la sua fama al commercio di tessuti pregiati per l'abbigliamento, affianca ad un'ampia scelta di tweed, pettinati fini da abito e tartan scozzesi, un'accurata selezione di cappelli uomo e donna, sciarpe, maglieria, articoli di confezione ed oggettistica di vario genere di produzione rigorosamente anglosassone da fare invidia agli stessi Highlanders e rendendo la rinnovata Ditta Guenzati un punto di riferimento unico nel suo genere.

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